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Le pubblicazioni di presunti mistici e veggenti

Le pubblicazioni di presunti mistici e veggenti


Capita sovente di ritrovarsi tra le mani libri, pubblicazioni varie, opuscoli o altro materiale che hanno l’obiettivo di divulgare esperienze (inclusi viaggi, di andata e ritorno, nell’Aldilà), apparizioni o messaggi di presunta origine soprannaturale.

Vogliamo qui dare alcune indicazioni che possano aiutare a far luce sulla liceità di poter divulgare tali scritti, con questo tipo di contenuti, in modo particolare all’interno delle Parrocchie o comunque all’interno di ambienti cattolici.

Spesso queste pubblicazioni riportano una dicitura del tipo “Dopo l’abrogazione dei canoni 1399 e 2318 del Codice di Diritto Canonico, ad opera di Paolo VI (1966), gli scritti riguardanti nuove apparizioni, manifestazioni, miracoli, ecc., possono essere divulgati e letti dai fedeli anche senza autorizzazione esplicita da parte dell’autorità ecclesiastica”.

Le cose invece non stanno propriamente così, infatti l’affermazione che non sia necessaria una autorizzazione esplicita da parte dell’autorità ecclesiastica è da ritenersi quanto meno discutibile. Innanzitutto, ammesso che non ve ne sia una esplicita, viene da domandarsi come possa formularsi una implicita. In alcuni casi la dichiarazione di cui sopra è seguita e completata da un’ulteriore affermazione del tipo “purché non si introducano errori rispetto alla fede” (oppure “purché i contenuti rispettino la morale cristiana”). Specificazione questa senz’altro meritevole ma che non risolve ancora il problema. Chi garantisce che tali scritti non introducano pericoli per la fede? L’autocertificazione in questi casi non è applicabile.

Analizziamo la questione partendo dagli articoli 1399 e 2318 a cui si fa riferimento e che riguardano il Codice di Diritto Canonico del 1917: questi vietavano la libera pubblicazione di testi contenenti rivelazioni private e resoconti di apparizioni e facevano riferimento all’allora in uso “Indice dei Libri Proibiti” perché pericolosi per la fede. Ciò a cui è bene prestare attenzione è che l’abrogazione di tali articoli e l’abolizione dell’Indice non costituiscono una licenza alla divulgazione di scritti, per la quale permane l’obbligo di verificare che non mettano in pericolo la fede e i costumi. Chiarificatore a tal riguardo è il Comunicato Stampa della Congregazione per la Dottrina della Fede del 29/11/1996, il quale afferma che:

«Non è assolutamente valida l’interpretazione data da alcuni di una Decisione approvata da Paolo VI il 14 ottobre 1966 e promulgata il 15 novembre dello stesso anno, in virtù della quale potrebbero essere liberamente diffusi nella Chiesa scritti e messaggi provenienti da presunte rivelazioni. Detta decisione si riferiva in realtà all’ “Abolizione dell’Indice dei libri Proibiti”, e stabiliva che – tolte le censure relative – rimaneva tuttavia l’obbligo di non diffondere e leggere quegli scritti che mettono in pericolo la fede e i costumi.»

Lo stesso Comunicato ricorda che la disciplina è rinviata al nuovo Codice di Diritto Canonico vigente dal 1983 (in particolare al can. 823):

Can. 823 - §1. Perché sia conservata l'integrità della verità della fede e dei costumi, i pastori della Chiesa hanno il dovere e il diritto di vigilare che non si arrechi danno alla fede e ai costumi dei fedeli con gli scritti o con l'uso degli strumenti di comunicazione sociale; parimenti di esigere che vengano sottoposti al proprio giudizio prima della pubblicazione gli scritti dei fedeli che toccano la fede o i costumi; e altresì di riprovare gli scritti che portino danno alla retta fede o ai buoni costumi.

Can. 824 - §1. Se non è stabilito altrimenti, l'Ordinario del luogo, la cui licenza o approvazione per la pubblicazione dei libri va richiesta secondo i canoni del presente titolo, è l'Ordinario del luogo proprio dell'autore oppure l'Ordinario del luogo nel quale il libro viene effettivamente edito.

Al comma 2 del can. 824 si specifica inoltre che tale disposizione si deve applicare non solo ai libri ma a qualunque scritto destinato alla pubblica divulgazione.

In conclusione, l’invito che ci sentiamo di fare è di verificare sempre che tali pubblicazioni abbiano realmente approvazione ecclesiastica, nei termini di quanto illustrato sopra. L’autocertificazione circa la retta fede, che troviamo a prologo di tali pubblicazioni, fatta dal presunto mistico di turno o dai loro biografi (che non mancano talvolta di titoli di studio in materia teologica), non dà alcuna garanzia. È diritto e dovere dell’Ordinario assicurarsi che questi scritti non costituiscano pericoli per la fede e di questa assicurazione i fedeli devono avere contezza.

Infine è bene ricordare che anche qualora una pubblicazione abbia ricevuto il nulla osta alla stampa (Imprimatur), da parte del Vescovo, questo accerta l’assenza di errori pericolosi per la fede ma non è un riconoscimento della soprannaturalità dei fatti riportati, riguardo alla quale è necessario invece che vi sia un pronunciamento esplicito della Chiesa.

 

Daniele Santese



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